Ormai è stato sconfessato il mantra che ha dominato i principi della dottrina dell’economia liberale, diffusa ampiamente dagli anni ’80 del secolo scorso. L’affermazione che il primo obiettivo di una azienda è creare valore per gli azionisti non è più il leit-motiv delle aziende quotate in borsa. Al giorno d’oggi si intende il profitto in un senso più ampio del termine. I ricavi non sono più l’unico parametro di valutazione di performance sul mercato, perché dietro un’azienda di successo ci sono non solo macchinari e prodotti, ma anche idee e persone.
Gli azionisti sono solo una parte di tutti i portatori di interesse che partecipano al processo di generazione di profitti di un’impresa, e forse hanno capito che tale strategia, che è stata portata avanti in questi anni, ormai è superata e nel lungo periodo non è sostenibile.
La tavola rotonda della sostenibilità
Nel 2019 200 multinazionali americane, da Amazon a Jp Morgan, hanno preso parte ad una tavola rotonda e hanno firmato congiuntamente un documento per assicurare il loro impegno nel perseguire gli obiettivi di questa svolta etica.
Gli azionisti vanno considerati alla pari dei lavoratori, dei clienti, dei fornitori e delle comunità in cui si opera.
Le aziende protagoniste si impegnano nella protezione dell’ambiente e nel trattamento dei dipendenti con dignità e rispetto. Una strategia di questo tipo riuscirebbe non solo a far conseguire profitti nel breve termine ma anche a mantenerli nel lungo periodo. Bisogna accantonare quel luogo comune che ha deturpato l’immagine della finanza, vista più che altro come un mondo in cui il “fine giustifica i mezzi” pur di arricchirsi.
Se si andasse, poi, a cercare il significato sul vocabolario della parola “Finanza” risulterebbe essere: “L’attività svolta dallo stato o dagli enti pubblici per procurarsi il patrimonio per l’esercizio della propria attività” — Non il fine principale dell’attività di impresa, ma meramente un tramite.
Questa teoria è sostenuta anche da Badret, uno dei più importanti esponenti francesi dell’economia sociale. Egli, infatti afferma che finché si continuerà a vedere la finanza come un fine e non uno strumento per raggiungere un progresso, non si riuscirà mai a superare le grandi sfide e le grandi crisi che al giorno d’oggi affliggono la nostra società.
Un armistizio etico
Di certo, per tale scelta avrà avuto un peso l’attenzione dei giovani sull’impatto ambientale e sulla “sostenibilità” in ogni campo e per questo motivo, investire su immagine e reputazione può essere la chiave di investimento per il futuro.
Il documento firmato negli US prosegue affermando che proprio “Gli americani meritano un’economia che consente a chiunque di aver successo tramite il duro lavoro e la creatività e di condurre una vita con dignità”.
Allora sorgerebbe il dubbio su come sia possibile che una società che fino ad oggi ha promosso sgravi fiscali, ha bloccato leggi anti-trust e tentato di ostacolare i sindacati nel loro impegno per una maggiore inclusione sociale, oggi possa approvare una simile dottrina che può essere considerata come una sorta di armistizio etico.
Magari una risposta politica?
Tale nuovo movimento di pensiero potrebbe essere visto come una risposta alla crescita di movimenti politici che hanno posto proprio l’accento, durante le loro campagne, sul fatto che negli anni lo sviluppo di un’economia piuttosto capitalista abbia aggravato le condizioni ambientali e sociali. Al giorno d’oggi, dunque, si parla di un “capitalismo inclusivo” che tutela tutti i soggetti che regolarmente vengono coinvolti nell’attività di impresa.
Le società benefit
L’idea delle B-Corporation, introdotta solo poco dopo nel 2016 nel nostro ordinamento, è nata proprio in America. Le Società Benefit sono enti societari che si prefiggono come obiettivo oltre alla creazione di utili, anche di operare in modo sostenibile nel rispetto della società e dell’ambiente. Al momento sono circa 12.000 in tutto il mondo e hanno l’obiettivo di generare benessere e certificarlo agli occhi degli imprenditori, infatti per queste società l’unico beneficio è dato proprio da un miglioramento dell’immagine. Si torna alla responsabilità civile di impresa per non dire a rivalutare degli ideali di un Umanesimo del ‘400.
Molti economisti sostengono poi che la prossima crisi finanziaria arriverà proprio dall’ambiente. I mercati finanziari, infatti, rischiano proprio di essere devastati dall’arrivo del “cigno verde”, ovvero un evento climatico così avverso da sconvolgere il sistema finanziario.
Ad inizio 2020 Larry Fink, co-fondatore e Ceo di BlackRock, la maggior società di investimento al mondo ha dato l’allarme affermando che si registreranno dei cambiamenti nei mercati finanziari molto prima delle previsioni stimate e ciò porterà a riconsiderare gli strumenti della finanza. Per il momento stiamo assistendo ad una graduale riallocazione di capitali, con crescenti investimenti in strategie sostenibili.
Non un punto di arrivo… Ma di partenza
Nella finanza si vogliono cambiare proprio le regole, invertire il meccanismo che da qualche anno a questa parte ha rotto gli equilibri economici inficiando poi anche l’intera società.
Una svolta etica che cerca di dare speranza ai giovani che si avvicinano ad un mondo del lavoro radicalmente cambiato e stravolto dalla pandemia di Covid-19 e che un anno fa scendevano nelle piazze con il movimento “Fridays For Future”. Un tentativo di invertire la rotta e sovvertire gli stereotipi, un ritorno sui propri passi nella speranza che il concetto di “capitalismo solidale”, per quanto possa sembrare un atipico ossimoro, non sia solo un’utopia ma davvero uno strumento per la crescita della società e uno sviluppo economico più giusto e equo.
Contributo di Sveva Manfredi